Volume 8 (ottavo), 1975, De Andrè – De Gregori

VOLUME 8Da piccolo nel porta giornali del salotto di casa di mamma e papà erano presenti vari giornali, alcuni settimanali. Tra i tanti c’erano gli “Epoca”, settimanali pubblicati da Mondadori dopo il 1950. Casa di mamma e papà era piena di giornali. Lo è ad oggi ancora. Casa di mamma e papà quand’ero piccolo era casa di un lontano 1988 circa, penso fosse l’anno degli Europei vinti dall’Olanda di Gullit e Van Basten… comunque era un tempo in cui si stavano lentamente abbandonando i condizionamenti degli anni settanta ed i primi ottanta, che trasudavano ancora della metà settantina.

Comunque sì, leggevo Epoca, un’epoca è passata da quegli anni. Dall’Olanda di Van Basten e dagli anni settanta antecedenti e da quel mondo, dalla guerra fredda, dallo Sport su Rai1 col contagocce, dai film alle 20,30 e dai cartoni animati su Italia1 alle 4. Quest’epoca che è passata da allora è definibile nel tempo di 40 anni, un epoca passata dal 1975 per esempio, un 1975 in cui nel mondo si sentiva il profumo di nuovi schemi sociali solo abbozzati ed in cui per tanti si nasceva e si viveva lì, dove si doveva vivere, a casa propria.

Io non c’ero, ma scommetto che la poltrona relax in pelle lucida che era presente nel 1988 nel salotto di casa, di mamma e papà, era già presente nel 1975 e, per certo, conoscendo in tutto e per tutto De Gregori dal punto di vista artistico, scommetto che con la sua chitarra guardando fuori dalla finestra si sarebbe sentito e seduto a suo agio. In casa, nel salotto su quella poltrona non ci vedrei bene De Andrè, che però saprei collocare senza indugi nello studio, con una bottiglia di amaro e la sua sigaretta, chiuso e pensieroso.

Li colloco così, a casa di mamma e papà, li colloco così perché è la casa dei miei sogni di gioventù, di tutti i primi album di De Andrè e di De Gregori ascoltati tra la camera, lo studio e la cucina, tra una sigaretta e l’altra accompagnate da qualche altro artista di prima del duemila. De Andrè e De Gregori mi convinsero subito, subito fin dai primi brani che ascoltai, subito fin dai primi album, mi convinsero perché seppur non intenzionalmente mi raccontavano almeno qualche bugia, che non erano bugie per davvero, nel senso che erano sogni per lo più, ma che allora come ora i sogni erano delle bugie che sia l’uno che l’altro erano capaci di raccontare.

Ecco, quel che mi convinse subito sia di De Andrè, sia di De Gregori, quel che mi convinse subito di loro fu che in ogni canzone si capiva chiaro che erano persone che sapevano anche sognare. Sapevano anche spiegare quel che sono i sogni, sapevano anche dirti quello che si poteva sognare senza paura, ma per farlo non dovevi andare da Freud, ti bastava cantare una canzone.

De Andrè e De Gregori son due cantautori di prima del duemila, prima della contemporaneità, il primo nato a Genova nel 1940 e il secondo a Roma nel 1951. Uniti nel 1975 per vie artistiche e fautori di un album che in quegli anni lasciò il segno, che ad oggi viene considerato un gioiello in campo musicale: VOLUME 8. Attribuito a De Andrè e appunto ottavo album in ordine cronologico, VOLUME 8 è composto da 8 canzoni, in ordine:
La cattiva strada, Oceano, Nancy, Le storie di ieri, Giugno ’73, Dolce luna, Canzone per l’estate, Amico fragile.

Il cattivo esempio, ma necessario, è il tema di “La cattiva strada”, una canzone di esempi di un non precisato personaggio che in taluni contesti riesce a catturare l’attenzione di chi gli si pone innanzi. ( “…. a un diciottenne alcolizzato, versò da bere ancora un poco e mentre quello lo guardava Lui disse : ‘Amico, ci scommetto stai per dire adesso è ora che Io vada!’; l’alcolizzato lo capì, non disse niente e lo seguì, sulla sua cattiva strada …”).

Una semplice domanda, curiosa ed ingenua sta alla base della seconda traccia “Oceano”. Cristiano De Andrè, figlio di Fabrizio chiese a De Gregori in riferimento all’omonima canzone: “Perché Alice guarda i gatti?”. De Gregori guardò il figlio di De Andrè con un occhio aperto ed uno chiuso e non rispose, vi scrisse in risposta “Oceano”, che nella prima frase : “Quanti cavalli hai tu seduto alla porta” rimanda alle case di una volta con la gente seduta con le proprie sedie alla porta di casa, poi, in risposta al giovane Cristiano, nel testo arriva chiara la frase : “Prova a lasciare le campane al loro cerchio di rondini e non ficcare il naso negli affari miei”.

Le Storie di Ieri” è un mix di sogni di infanzia, saggezza, politica e storia. Partendo da un padre ed il proprio figlio, che rimanda a se stesso fanciullo, un padre convinto dal mondo ed un figlio “pirata”, un figlio che rivede nella sua fanciullezza il proprio destino e le proprie sconfitte.

Canzone per l’estate” è la trasformazione di un uomo abituato al sogno ed al volo metaforico, trasformato in un elemento borghese con ogni rimando metaforico e lessicale pertinente al concetto borghese. Un uomo abituato a volare che smette di farlo : “..com’è che non riesci più a volare..” “ …. con il tuo collezionismo di parole complicate, la tua ultima canzone per l’estate ..”

Questo ed altro per circa mezz’ora di un album in larga parte acustico su cui ogni amante di un cantautorato che ad oggi più esiste dovrebbe soffermare la propria attenzione. Specchio di un mondo che ad oggi non è, un mondo quello di allora di quella metà anni settanta, in cui due uomini, due sognatori, si unirono per dar vita ad un’esposizione musicale di vari sogni, di contenuti immaginabili e comprensibili per chi ha la la capacità di non vivere di sola sostanza.

VOLUME 8 , scritto e musicato da De Andrè e De Gregori risulta dopo quarant’anni circa un lavoro che i cantautori attuali per varie ragioni non riescono ad avvicinare; vero è che a differenza di allora la vita ad oggi risulta molto più scarna e basata su dati e numeri, ma che se ispirandosi a De Andrè e De Gregori si riuscisse almeno in parte a sognare un poco forse saremmo qui a raccontarci altre storie. Quelle di ieri forse, ma forse si potrebbe avere il coraggio di sognare quelle di domani.