Ezio Bosso apre la porta delle emozioni al Teatro Carlo Felice

Ezio Bosso3Teatro Carlo Felice di Genova, ultima tappa del “The 12th room tour”: non appena Ezio Bosso entra, salutando tutti, un boato di applausi lo accoglie. Tutto il teatro è in piedi e l’emozione è grande. Subito parte con “due comunicazioni di servizio”: chiede di non usare i cellulari e soprattutto di non fare foto con il flash perché gli dà fastidio “e già sono messo male…”. Inizia a raccontare di come a Genova cinque anni fa avesse fatto il suo ultimo concerto prima dell’avvento della malattia e di come non avesse dato per scontato riuscire ad arrivare a questo concerto. Parla poi del suo album, di come abbia scelto la stanza perché è il luogo dove l’uomo ha deciso di fermarsi e raccogliersi nella sua intimità e si definisce “compositore muratore”.

Dopo di che inizia a suonare e proprio lì, sulla sua tastiera, è come se tornasse a camminare, anzi sembra spiccare il volo e fa vibrare i tasti dell’anima che ancora le sue parole non hanno toccato. Finito il primo brano, spiega come Chopin, malato di tubercolosi, fosse andato a Maiorca e, nonostante tutte le vicissitudini avverse, avesse composto i brani più belli. “Avere un problema è soltanto l’occasione per conoscere e conoscersi”. Dopo aver suonato tre preludi di Chopin e Brahms, Bosso continua a farci fare un giro tra le sue stanze e intanto racconta un po’ di sé. La sua sala da thé, ad esempio, ha una storia molto particolare. “Stavo facendo un sondaggio sui cartelli stradali e su come le persone li interpretassero. Il cartello split molti l’avevano assimilato al lasciarsi quando in amore le strade si dividono o alle culture che non si capiscono, ma una persona in particolare mi ha colpito. Era un veterano inglese e mi disse che quel segnale gli riportava alla mente una piazza in cui era appena avvenuto un bombardamento. In mezzo a quelle macerie e grida di dolore, la sua reazione fu quella di prendere il thé, per allontanarsi da quell’orrore”. Da qui è nato il brano “Split-Postcards from Far Away”, che mette in music a quel ricordo. La stanza d’attesa, invece, è unita a “In a Landscape” di John Cage, che Ezio Bosso ha conosciuto da piccolo, perché quando si apre la porta è come se cambiasse ritmo.


Una poesia è composta di stanze e quindi inevitabile era dedicarne una alla sua poetessa preferita, nientemeno che Emily Dickinson, la quale all’età di undici anni si chiuse in una stanza e da lì raccontò il mondo visto dalla sua finestra. “La dolcezza delle tue labbra, dei tuoi baci e l’amarezza delle tue parole…” e entriamo in punta di piedi in quella dolceamara.
Conclude il suo concerto con la straordinaria “Dodicesima stanza”, dedicata alla libertà di ricominciare e ispirata ad un’iscrizione a Firenze “Dall’alto di questi palazzi, sulle macerie di questi ponti, grazie al sacrificio dei nostri fratelli, la nostra libertà prende stanza”. Ed è davvero un lungo momento di libertà e di introspezione, in cui le corde del piano vengono pizzicate e battute, lasciando il pubblico senza fiato. Non si può non rimanere colpiti dalla sua forza che mette nella musica così come nella vita: lunghissimi applausi mentre gli viene consegnato il disco d’oro. Uscito dal teatro tutte le macchine suonano al suo passaggio, con ancora in testa la sua ultima frase “Se c’è qualcosa che ho imparato è che i sorrisi avvicinano più dei passi, quindi sorridete!”.