La guerra Ucraina Russia imperversa. Le parti sembrano non trovare un accordo e la tensione è alle stelle. L’invio di armi dall’Unione Europa è l’ennesimo passo che può trasformare il conflitto in una guerra nucleare. Ma come si innesca un conflitto del genere e sopratutto cosa comporterebbe l’utilizzo di armi nucleari tattiche? Quali sono i rischi effettivi per l’Italia?
Innanzitutto la guerra nucleare inizierebbe con il “first shock“, ovvero con la prima delle parti in causa che improvvisamente colpirebbe il nemico. Il primo o i primi colpi tatticamente sono volti a eliminare l’arsenal nucleare della controparte. Nel caso della NATO la questione è già di per se complessa. Le testate nucleari di bandiera europea e Nato sono disseminate in silos sotterranei in tutto il continente, di cui molti ad ubicazione segreta. Quasi impossibile quindi con un ipotetico attacco mirato russo eliminare tutto il potenziale bellico del nemico. Questo comporterebbe il “secondo shock”. Nel giro di 1 ora dal primo attacco le testate nucleari Nato colpirebbero con il dobbio dell’intensità il territorio nemico, sempre con lo stesso obiettivo. Il terzo attacco seguirebbe il principio del primo, fino a una quasi completa distruzione di entrambi gli schieramenti.
Basta pensare che le testate nucleari presenti al mondo sono più di 15mila. Sufficienti a innescare un inverno atomico di dimensioni devastanti e senza alcuna via di uscita.
Nell’ottica dell’analisi che abbiamo condotto, un ipotetico nemico colpirebbe punti precisi in Italia: i luoghi noti del dislocamento di armamenti nucleari, di cui l’Italia è sprovvista, ma ospita alcuni siti americani con tali ordigni, e le basi militari dal quale potrebbero effettivamente partire i caccia nucleari.
Quindi secondo il “piano condivisione nucleare” della NATO e, in base all’accordo, sul territorio italiano sarebbero presenti circa una cinquantina di testate dislocate tra le basi aeree militari di Ghedi, in provincia di Brescia, e di Aviano, in provincia di Pordenone. Anche un attacco alla base aerea NATO, “Sigonella” in Sicilia potrebbe essere quindi plausibile.