“Più invecchio, più mi convinco che non siamo soli”. Questa è stata la dichiarazione choc di Stephen Hawking, il più grande astrofisico vivente che ha deciso di collaborare con il “Project Breakthrough Listen” allo scopo di trovare una forma di vita intelligente nello spazio. Secondo lo studioso, gli alieni esistono e sono molto più evoluti della nostra razza, ma cercare un contatto con loro potrebbe risultare nocivo per l’umanità. “Potrebbero considerarci – ha spiegato – alla stregua di come noi consideriamo i batteri oggi: essere inferiori che vanno eliminati”.
Il noto astrofisico ha aderito al Project Breakthrough Listen per riuscire a dare la risposta alla domanda più gettonata di sempre: siamo soli nell’universo? Per Hawking la risposta è ovvia: no, non lo siamo. “Dopo una vita di domande, do il mio contributo ad un progetto globale per trovare finalmente una risposta” ha spiegato. Il progetto ha infatti lo scopo di entrare in contatto con altre forme di vita tramite l’invio di segnali nello spazio. Se da un lato per Hawking è certo del risultato, dall’altro è timoroso per le conseguenze. Gli alieni infatti potrebbero non gradire la nostra interferenza o reagire in maniera aggressiva verso coloro che, dal loro punto di vista, potrebbe essere visto come un essere inferiore ma potenzialmente pericoloso.
A finanziare l’ambizioso progetto di ricerca è stato il facoltoso magnate Yuri Milner, che già aggiunto una “perla rara” al suo staff: Stephen Hawking. L’astrofisico, passato alla storia per i suoi studi sulla creazione dell’universo e sulle leggi che lo regolano, adesso è deciso a trovare un segnale che provi l’esistenza degli alieni. Il progetto infatti si occupa di inviare segnali alle stelle più “vicine” allo scopo di captare o addirittura ricevere una risposta. Benché Hawking sia certo che questa prima o poi arriverà, ha consigliato di evitare, nei primi contatti, di fare passi azzardati. “Potrebbero essere molto più sviluppati di noi e considerarci degli esseri inferiori: potrebbero decidere di distruggerci o, peggio ancora, di schiavizzarci”.