L’Alaska è un luogo freddissimo, è un luogo dove in pochi stanno, dove in pochi vanno e dove in pochi vogliono andare. Per arrivarci occorre voler far l’eremita o qualcosa di simile, ma non basta: oltre che fare l’eremita devi esser un eremita molto freddo, e voler fuggir dalla tua vita per non tornare mai più indietro; per questo ed altri motivi l'”Alaska” di Cupellini e Germano è un luogo alienante, una discoteca/labirinto dove esiste la scorciatoia per una vita fuori dal senso e fuori dal pensiero, ma dove il popolo della notte di una Milano “urban style” si trasforma in un’unica soluzione alcool-drug per uscirne spedito verso un’esistenza al di fuori del convenzionale.
Il film “nasce” a Parigi, con la camminata sostenuta di Fausto attraverso i corridoi di un lussuoso hotel, il momento di pausa sul terrazzo e l’incontro con una modella borderline almeno in apparenza.
Il dialogo di “Alaska” è in francese stretto ma non troppo e sottotitolato, i corpi ben in evidenza; la carica emotiva di Fausto appare sovrastante all’incertezza di Nadine, bella e leggera con sopracciglia alte, ma con una sottintesa indole assonnata dalle poche sigarette per avere un tono. E’ una guerra fredda su una terrazza, se la si vuole vedere dal punto di vista umano, che però è “sventrata” dall’ironia incalzante di un Germano che brucia il freddo apparente, che svela un programma di vita che sarà e che si vive in un attimo, mettendola nelle mani di Nadine che perde in Fausto ogni pudore, che perde ai punti, schiacciata dal coraggio e dall’essere rampante di un cameriere con idee altissime. Il sorriso ed il ghigno di Nadine sono quasi pietosi, il suo volto quasi disperato e conscio di ritrovarsi svestita su un terrazzo al cospetto della genuina follia di un ragazzo senza filtri e senza prudenza, il tutto svelato nelle scene successive.
Lo stacco, in “Alaska”, dall’hotel alla vita di Fausto nei due anni successivi è da lasciare con un fiato minimo, in attesa che si riesca a vedere la luce dopo il buio, che arriva senza poche sorprese e che prosegue col trasferimento da Parigi a Milano ed il conseguente cambio linguistico franco/italico; è qui, nella culla lombarda, che la vita intesa al sacrificio ed all’attesa divora Fausto e lascia Nadine sognante, colta dallo stravolgimento dell’Alaska, e da una vita che la costringe allo sfinimento fisico conseguente al crash. L’Alaska sussiste, nell’ inconsistenza di significati e di bellezza, lo fa nel vuoto di ogni serata passata tra lo sballo e la cattiveria espressa dalla gente dell’alba del giorno dopo.