A partire dal 1 gennaio 2018 è andato in vigore il decreto legge Mezzogiorno 123, approvato il 3 agosto 2017, secondo il quale il confezionamento dei prodotti alimentari deve avvenire attraverso l’utilizzo di appositi sacchetti biodegradabili. Questi ultimi andrebbero quindi a sostituire i vecchi sacchetti di plastica messi a disposizione gratuitamente dai reparti di ortofrutta. L’ introduzione nei supermercati di questi sacchetti bio ha sollevato una vera e propria polemica sui social.
Il motivo è che questi sacchetti hanno un costo aggiuntivo rispetto ai precedenti che invece erano gratis. Il prezzo può variare dai due ai dieci centesimi per ciascun sacchetto. Per tale ragione da qualche giorno un numero piuttosto rilevante di persone si è ribellato a quella che considerano l’ennesima tassa occulta imposta dal governo ed una legge creata ad hoc per gli amici di Renzi. In che modo? Pubblicando foto di articoli pesati ma non imbustati. Questo sfogo tuttavia non potrà durare a lungo e molto presto le persone si accorgeranno dell’inutilità del polverone che hanno sollevato.
In verità anche i sacchetti di plastica che credevamo gratuiti erano pagati dai clienti, il cui costo era contenuto nei prodotti stessi. In pratica pagavamo quei sacchetti senza saperlo! Oltre a questo, la nuova trovata di pesare uno ad uno gli articoli per non farli imbustare, è doppiamente sconveniente per i fruitori, sia da un punto di vista pratico, sia da un punto di vista economico. Infatti il costo del sacchetto viene addebitato direttamente alla cassa, tramite la lettura del codice a barre sull’adesivo con il prezzo. Ciò vuol dire che la busta viene pagata ogni volta che si passa un codice a barre, anche per alimenti sfusi. Di conseguenza coloro che credono di risparmiare e sabotare il sistema ci vanno a perdere, invece che a guadagnare. Pagano il sacchetto bio ma non ne usufruiscono.