Vaccino Moderna

Vaccino Moderna in arrivo per neonati e bambini fino a 5 anni

Vaccino Moderna anti Coronavirus in arrivo anche per i più piccoli, ovvero neonati e bambini fino a cinque anni di età.
Depositata da pochi giorni la domanda alla Food and Drug Administration americana: l’azienda ha annunciato che questo tipo di richieste “sono in arrivo anche per autorità regolatorie internazionali“.
Si vuole procedere con due dosi del vaccino a mRna da 25 microgrammi.
Stéphane Bancel, CEO di Moderna ha affermato: “Riteniamo che il vaccino mRNA-1273 sarà in grado di proteggere in sicurezza questi bambini contro Sars-CoV-2“.

Vaccino Moderna: lo studio

Nel mese di marzo, Moderna ha annunciato i risultati intermedi positivi dello studio di Fase 2/3 KidCOVE sul vaccino.
Nella ricerca si osserva una “Robusta risposta anticorpale neutralizzante nei bambini di età compresa tra 6 mesi e meno di 6 anni dopo una serie primaria a due dosi di mRNA-1273, insieme a un profilo di sicurezza favorevole si legge in una nota diffusa.
Gli anticorpi nei sottogruppi di età da 6 mesi a 23 mesi e da 2 anni a 5 “hanno soddisfatto i criteri statistici di somiglianza con gli adulti nello studio COVE“.
L’efficacia del vaccino è rimasta significativa al 51% per i bebè under 2 e al 37% da 2 a 5 anni. Queste stime di efficacia sono simili alle stime di efficacia del vaccino contro Omicron negli adulti“, evidenzia l’azienda.
L’azienda ha iniziato lo studio sulle dosi di richiamo.
Allo studio collabora il Niaid, centro che fa parte dei National Institutes of Health-Nih e la Biomedical Advanced Research and Development Authority.

Coronavirus: l’infezione abortiva e le cellule T

Uno studio pubblicato sulla rivista specializzata Nature parla dell’esistenza di “un’immunità abortiva“.
Si intende la capacità di persone nel “riconoscere” l’infezione da Coronavirus ed eliminarla prima ancora che un test molecolare possa rivelare la positività.
Il virus, quindi, entra nel corpo ma viene subito “abortito” dall’organismo grazie alla risposta immunitaria sviluppata dalle cellule T, i linfociti responsabili della risposta cellulare al virus.
Secondo i ricercatori, le cellule T sono capaci di espellere il virus.
Gli esami del sangue hanno rilevato, in queste persone, una dose elevata di linfociti T, più di quanti ne mostrassero in campioni di sangue raccolti prima della pandemia.
Leo Swadling, immunologo dell’University College di Londra e primo firmatario dello studio, ha spiegato che non è chiaro se questi individui hanno evitato il virus o se lo hanno eliminato prima di rilevarlo nel corpo. “L’esposizione al raffreddore comune – ha spiegato il ricercatore – potrebbe aver dato a questi individui un vantaggio contro il virus.
Il loro sistema immunitario ha eliminato il virus prima che iniziasse a replicarsi“.