USA – Dopo aver inaspettatamente vinto le presidenziali negli Stati Uniti, Donald Trump ha subito cominciato a far parlare di sé tramite un provvedimento al limite del razzismo: il “Muslim Ban”. Sono 7 i paesi musulmani che compaiono in questa lista: i cittadini che provengono da questi Paesi, profughi compresi, non possono entrare negli Stati Uniti a meno che non siano in possesso della Green card. Questo è già il secondo atto contro l’immigrazione e richieste di asilo dopo l’avvio della costruzione del muro al confine con il Messico.
Lo scorso 27 gennaio, Trump ha quindi firmato l’ordine esecutivo con cui sospende per 120 giorni il programma di accoglienza per i rifugiati, blocca per 90 giorni l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di 7 paesi musulmani (Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen) e a tempo indeterminato i profughi provenienti dalla Siria. Inoltre, sempre con il “Muslim Ban”, il numero dei profughi che gli Stati Uniti accetteranno nel 2017 saranno ridotti da 100mila a 50mila.
Secondo alcuni analisti, nella lista mancano dei paesi chiave del terrorismo internazionale. Tra questi, la Tunisia, da dove ogni anno si aggiungono nuovi esponenti dell’ISIS, o l’Arabia Saudita, da cui provenivano 19 attentatori dell’11 settembre. Manca anche l’Afghanistan, paese originario di Omar Mater, l’attentatore della strage di Orlando, il Pakistan e la Turchia. Molto probabilmente, questi paesi non sono menzionati nel “Muslim Ban” per interessi economici.