Non è bastata l’interpretazione della sublime Juliette Binoche a convincere l’esigente pubblico e l’insindacabile Giuria della Mostra del Cinema di Venezia. “L’attesa” di Paolo Messina, primo italiano in gara nella blasonata kermesse del Lido, strappa pochi applausi e qualche fischio di troppo. Cosa non ha funzionato nel lavoro di Messina, assistente dell’arcinoto Paolo Sorrentino? A detta dei critici, “L’attesa” evidenziava dei difetti “tecnici” propri di chi, come Messina, si appresta a mostrare al Mondo il suo primo lavoro da “solista”. Troppo macchinosa la trama, ed una Juliette Binoche costretta a “contenersi” proprio per volere del cineasta. La stessa star di “Chocolat” aveva raccontato in una recente intervista il suo rapporto di amore-odio con Paolo Messina.
“I primi tre giorni – racconta Juliette Binoche, riferendosi proprio a Messina – L’ho lasciato fare ma lui pretendeva un controllo totale anche sul minimo gesto nella recitazione. E quindi al terzo giorno gli ho detto: noi due dobbiamo parlare. O mi lasci due-tre scene libere o io non riesco ad esprimere emozioni. Senza libertà non riesce a recitare bene. Quindi bisogna trovare una mediazione tra regia e espressione artistica dell’attore”. Tale ricerca della perfezione non ha giovato a “L’attesa”, che comunque ha raccolto anche dei timidi consensi. Primo fra tutti, quello dello stesso cineasta Messina, per nulla deluso dal suo operato. “Quello che c’è in questo film sono io. Sono i miei svolazzamenti. Poi certo le esperienze che uno fa rimangono”, ha spiegato Paolo Messina, che si gode il clima di festa che si respira nel Lido in attesa della notizia più importante della sua vita: la nascita di suo figlio.
Come si suol dire, però, “the show must go on”. E show sia, con la performance in odore da Oscar dell’attore più in voga del momento, Eddie Redmayne. E’ quasi irriconoscibile il giovane interprete che, in “The Danish Girl” di Tom Hooper, porta sul grande schermo la storia vera di un pittore che, nella Copenaghen degli anni Venti, sconvolse l’opinione pubblica per la sua scelta di mostrare – prima solo con gli abiti, poi con una drastica scelta – il suo lato più “femminile”. Come nel caso de “L’attesa” anche “The Danish Girl”, nonostante la sempre attuale e tosta tematica, ha destato non poche perplessità nella Giuria. Bocciato, invece, “Equals” di Drake Doremus, storia d’amore ai tempi di un fantascientifico e dittatoriale futuro, che ha il sapore di qualcosa di già visto.