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Analfabetismo funzionale: colpiti metà degli italiani

Cos’è l’analfabetismo funzionale? Sanno leggere, sanno scrivere e sanno fare calcoli ma sono definiti “analfabeti funzionali”. Parliamo del 47 per cento degli italiani, a seguito di uno studio effettuato dallo Human Development Report Office nel 2009. Un analfabeta funzionale si concretizza nell’incapacità di comprendere, valutare e usare le informazioni a disposizione nell’attuale società, riuscendo però perfettamente a leggere, scrivere e fare calcoli. Non ha quindi nulla a che vedere con l’analfabeta che, al contrario, è completamente incapace di leggere e scrivere.

«Il 70% degli italiani non capisce quello che legge» affermò il grande linguista Tullio De Mauro, nel febbraio del 2016, riportando i risultati incrociati di tre studi scientifici internazionali in materia di comprensione e capacità rielaborativa di testi scritti in diverse lingue, dal quale ne usciva un risultato impietoso per l’italiano e per l’istruzione italiana. Secondo le stime elaborate dall’Osservatorio Isfol, il sud e il nord ovest del nostro paese, sono le regioni con le percentuali più alte di analfabetismo funzionale (più del 60 per cento). Poco più della metà sono uomini e uno su tre è over 55.

A essere incolpati particolarmente sono i social media che, sembrerebbe permettino a chiunque di esprimersi su un qualsiasi argomento anche senza essersi mai minimamente informati o commentare un articolo senza averlo minimamente compreso. “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli”, Umberto Eco.

Sono possibili soluzioni o prevenzioni all’analfabetismo funzionale?

«Ciò che conta più di tutto è la mancanza di una costante ‘manutenzione‘ e ‘coltivazione’ delle competenze» afferma la ricercatrice Simona Mineo. Secondo la ricercatrice si dovrebbe garantire un invecchiamento attivo e sostenere attività di apprendimento in età adulta. Ad ogni modo si tratta di iniziative che ad oggi in Italia continuano ad essere estremamente scarse e limitate.