Una misteriosa lettera, scritta dal compianto frontman dei Nirvana Kurt Cobain, riapre simbolicamente quello che sembra essere uno dei casi più intricati degli ultimi vent’anni. Cobain, promettente musicista ventisettenne, il cui cadavere venne rinvenuto a Seattle l’8 aprile del 1994, viene descritto nei suoi ultimi giorni come una persona eccessivamente sensibile e confusa, quasi un eremita dedito ad un’unica attività: drogarsi. Nonostante ciò in molti credono che Kurt Cobain non si sia suicidato (nonostante sua moglie Courtney Love porti avanti questa tesi da sempre); tra questi, l’investigatore Tom Grant.
Grant, assunto proprio da Courtney Love (vedova di Kurt Cobain) per indagare sulla scomparsa del frontman dei Nirvana, ha da sempre un’idea ben precisa su quanto sia realmente accaduto al musicista di Seattle: una cospirazione ai danni dello stesso Kurt Cobain che vede coinvolta Courtney Love. Ed è proprio di questa misteriosa morte e delle congetture ad essa legate che parla il docudrama “Soaked in Bleach”. “Soaked in Bleach” è il secondo film documentario a trattare della vita (e della morte) del re del grunge, ma l’unico a non essere stato autorizzato dalla moglie di Kurt Cobain. La Love ha addirittura cercato di ostacolarne l’uscita nelle sale.
“Sono così felice perchè oggi ho trovato i miei amici, sono nella mia testa“: è così che inizia uno dei pezzi di maggior successo dei Nirvana, “Lithium”, ed è ad un amico immaginario chiamato “Boddah” che Kurt Cobain scrive i suoi ultimi pensieri in una lettera dalla controversa interpretazione. Interpretata infatti da molti come una pura e semplice lettera d’addio pre suicidio, il documento viene letto invece da Grant come una sorta di addio al mondo della musica da parte del re del grunge.
La parte finale della lettera, dove lui si definisce un bambino incostante e lunatico, termina con la celeberrima frase “Meglio bruciare in un attimo che spegnersi lentamente”, a cui seguono firma di Cobain e dediche alla Love ed alla loro unica figlia Frances Bean Cobain. La scienziata forense Heidi Harralson sostiene che la parte finale della lettera, nonché la “presunta brutta copia” di questo importante documento, non siano state scritte da Kurt Cobain ma da una terza persona. Insospettisce, inoltre, il fatto che la vedova Cobain, in possesso di entrambe le lettere, abbia tenuto nascosti nella sua borsetta per così tanto tempo questi documenti così importanti.